venerdì 25 maggio 2018

E-commerce, in Italia vale 24 miliardi


L’e-commerce in Italia vale 24 miliardi di euro, con crescite medie a due cifre ogni anno negli ultimi 12 anni, ed è più che raddoppiato negli ultimi 4 anni. 

E’ quanto emerge dal report sulle vendite online realizzato da Confcommercio. In alcuni settori come il turismo (principalmente biglietteria, ma anche soggiorni e vacanze) gli acquisti online hanno raggiunto incidenze significative (il 31% degli acquisti di turismo avviene online), mentre in altri come l’alimentare, per difficoltà logistiche, di mantenimento della catena del freddo e per la grande frammentazione a livello di produzione, l’online è ancora marginale, pur presentando tassi di crescita molto elevati. 

La grande rivoluzione, per le dimensioni del settore e per le caratteristiche del prodotto, che necessita più di altri di un contatto fisico, sta avvenendo nell’abbigliamento (2,5 miliardi di acquisti online con una incidenza del 7%), e dimostra, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che nessun settore sarà esente dall’impatto dell’e-commerce. Analizzando il profilo degli acquirenti online si scopre che non si tratta solo di giovanissimi (che restano i maggiori utilizzatori di internet in generale), perché è necessario guadagnare un certo reddito da spendere per essere un heavy spender (altospendente), anche online. 

I numeri degli acquirenti per fascia d’età e, soprattutto, le penetrazioni sul totale della popolazione italiana, indicano la pervasività del fenomeno, certamente più radicato tra i consumatori tra i 25 e i 55 anni, ma decisamente non marginale anche tra gli over 65 e, per le dinamiche demografiche, destinato a crescere anche nelle fasce d’età più elevate, mano a mano che gli attuali grandi utilizzatori invecchieranno.

mercoledì 16 maggio 2018

Il nuovo Regolamento Europeo sulla privacy

Dal 25 maggio sarà operativo il nuovo Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali, fortemente voluto dall'UE con obiettivo dichiarato di creare un "clima di fiducia per lo sviluppo dell'economia digitale in tutto il mercato interno", ma i risultati di una ricerca condotta dall'Osservatorio di Federprivacy evidenziano che buona parte dei più importanti siti web italiani stentano ancora a fare della privacy e della sicurezza online una virtù.

Da uno studio svolto sui principali trecento siti web italiani, è infatti emerso che il 39% di questi, anziché ricorrere a protocolli sicuri con cifratura SSL/TLS, (facilmente riconoscibili perchè contrassegnati sul browser dal prefisso "https" ed un lucchettino verde), continuano ad utilizzare invece connessioni non sicure che consentono potenzialmente a dei malintenzionati di intercettare dati personali inviati o ricevuti tramite un form di contatto, o di carpire i dati della carta di credito digitati durante un acquisto online.

Altro elemento rilevato dallo studio che concorre a frenare il decollo dell'e-commerce made in Italy, è che ben 252 siti sui trecento analizzati (84%), sebbene siano dotati di una informativa sulla privacy, non forniscono poi in essa i recapiti per l'esercizio dei diritti dell'interessato o i dati di contatto del data protection officer, informazioni che peraltro dal 25 maggio sarà obbligatorio pubblicare per tutte le p.a. e per le aziende che trattano dati su larga scala o che profilano gli interessati, tecnica quest'ultima che risulta peraltro attiva nell'85% dei siti italiani esaminati, i quali utilizzano cookies di terza parte che servono proprio a memorizzare e tracciare gusti e preferenze online degli utenti.

"Se da una parte la maggioranza di questi siti mettono il naso nei dispositivi degli utenti per monitorare i loro comportamenti online, al tempo stesso rendono difficile anche solo chiedere delle informazioni su come essi utilizzano tali dati - afferma il presidente di Federprivacy Nicola Bernardi - e questa scarsa trasparenza penalizza paradossalmente non solo i diritti degli interessati ma anche le stesse aziende che finiscono per macchiare la propria reputazione sprecando molte delle opportunità del mercato digitale"

Anche se gli scenari attuali non sembrerebbero rassicuranti circa la possibilità di vedere Internet come un ambiente migliore in cui navigare senza essere spiati in ogni click e dove poter fare tranquillamente shopping online senza timore di essere frodati, qualcosa in realtà si sta muovendo e ci sono realtà che stanno puntando molto sulla fiducia dell'utente, come Ferrero che ha ottenuto il marchio di qualità "Privacy OK" in tutti i principali siti web italiani del Gruppo, incluso quello di Nutella.

Altro caso è quello di Qwant, motore di ricerca che promette di tutelare la privacy dei propri utenti senza tracciarli né con i cookies nè con altra tecnica di tracciamento. E anche Federprivacy ha realizzato il proprio sito web utilizzando un protocollo sicuro e senza alcun cookie di profilazione con l'auspicio di creare un modello da imitare per dimostrare che creare un web migliore è davvero possibile, e proprio la privacy come valore per guadagnarsi la fiducia degli utenti sarà al centro del dibattito al 7° Privacy Day Forum del 25 maggio.

mercoledì 2 maggio 2018

Come sarà il cloud del futuro


Quando il Gdpr (General Data Protection Regulation), il regolamento generale sulla protezione dei dati, diventerà una realtà, la sicurezza del cloud e il suo livello di sofisticazione assumeranno un’importanza senza precedenti. Questo il punto di vista di Ibm su quanto accadrà dal 25 maggio 2018, quando il GDPR diventerà una realtà che riguarderà le aziende, sia all’interno sia all’esterno dell'Ue, che gestiscono i dati dei cittadini dell'Ue.

Secondo un sondaggio in merito alla disponibilità ad accettare il Gdpr, quasi il 40% delle aziende teme le violazioni della conformità, consapevoli delle conseguenti sanzioni finanziarie, anche gravose, per il mancato rispetto del regolamento. Le aziende si stanno tutelando rispetto alla protezione dei dati personali raddoppiando la sicurezza del cloud e concentrandosi nell'adozione di misure di sicurezza atte a garantire che le loro app in cloud proteggano i dati personali da perdite, alterazioni o trattamenti non autorizzati.

Secondo Ibm i fornitori di servizi cloud continueranno ad adottare misure straordinarie volte a garantire che la sicurezza sia al centro del cloud. I servizi di sicurezza del cloud diventeranno più sofisticati con i progressi nelle funzionalità di crittografia, l’integrazione continua dell’AI (Artificial Intelligence) e lo sviluppo di servizi di sicurezza che funzionino indifferentemente in ambienti pubblici, privati e multi-cloud.

La multinazionale non ha dubbi nell'individuare il punto critico dell’evoluzione: container, Kubernetes e serverless. Le architetture dei microservizi basate su container e serverless hanno rivoluzionato la velocità con cui le app possono essere create e come esse si collegano alle tecnologie attualmente più competitive, quali AI, blockchain e machine learning.

Nel 2018 l'adozione di queste tecnologie, spiegano da Ibm, raggiungerà un punto critico: si passerà dall'adozione precoce a standard di fatto per app complesse e pronte per la produzione in tutti i settori di industria e nelle aziende di tutte le dimensioni.

Questo cambiamento è determinato da nuovi strumenti emersi nel 2017, come Grafeas, Istio e Composer, che consentono agli sviluppatori di gestire e coordinare in modo più sicuro le numerose componenti create nella costruzione di container, serverless e microservizi.

Questi strumenti consentono una maggiore visibilità per lo sviluppatore che potrà vedere chi sta lavorando con i dati, cosa viene modificato e chi ha accesso, il tutto finalizzato a una migliore sicurezza. Il risultato sarà un miglioramento nello sviluppo di app mature in grado di estendersi e operare su più sistemi, team e flussi di dati.

E secondo Ibm, pensare al cloud porterà a quel cambiamento culturale che genera innovazione. Per la società il “cloud thinking”, sia in senso culturale che tecnico, è l'unica strada percorribile e molte organizzazioni si stanno orientando verso architetture che fondino le proprie radici nel cloud. Con questo cambiamento, le organizzazioni stanno adottando nuove tecnologie che sono sempre più facili da implementare.

Nel 2018 questi mutamenti cominceranno a determinare anche grandi trasformazioni culturali all'interno delle organizzazioni. I team tecnici, dai data scientist agli sviluppatori, si stanno ponendo domande quali: in che modo la mia architettura promuove l'innovazione gestendo l'esplosione dei dati provenienti dall'IoT (Internet of Things)? Come posso sfruttare il serverless per accelerare lo sviluppo? La sicurezza in atto è in grado di supportare le soluzioni blockchain nel mio settore?

Quando i team risponderanno a queste domande, si avvierà un processo di trasformazione verso una cultura più collaborativa e basata sull'apprendimento iterativo. Questo passaggio al “cloud-native thinking” guiderà l'innovazione organizzativa che mette insieme, in modi completamente nuovi, professionisti con competenze specialistiche compresi sviluppatori di app, data scientist e utenti di dati.

Per Ibm le soluzioni di settore sono il futuro del cloud nel 2018. Le aziende, sottolineano, sono andate oltre la pura infrastructure-as-a-service e si stanno rivolgendo al cloud come piattaforma per l'innovazione e la creazione di nuovo valore aziendale.

Quando si concentreranno sul valore più ampio del cloud, ovvero su quanto il cloud può fare per il loro business, le aziende cercheranno soluzioni settoriali specifiche in grado di fornire un'unica architettura, dall'infrastruttura fino a servizi di analisi e intelligenza artificiale di alto valore, anziché limitarsi all'acquisto di servizi cloud frammentari.